Monday, March 03, 2008


“Non è un paese per vecchi”, sarebbe “non è un paese per uomini vecchio stampo”, certo in considerazione del fatto che presto arriverà sui nostri schermi “quella sera dorata”, tratto dall’omonimo romanzo di Peter Cameron originariamente intitolato “the city of your final destination”, la traduzione letterale si potrebbe forse anche perdonare.
È mia personale e pertanto assolutamente discutibile opinione che un libro abbia una maggiore potenza descrittiva e narrativa in relazione all’immagine proietta su uno schermo, il limite in questione che ravviso nelle trasposizioni cinematografiche di opere letterarie è quello di dover condensare la narrazione in uno spazio temporale ristretto con il risultato che l’opera di taglio e ricomposizione sovente riesce con diverse riserve e limiti.
Questo accade in “no country for old men”.
Terminata la proiezione mi sono riaffiorate alla memoria domande che alcuni amici che non avevano letto il romanzo di Cormack McCarthy mi avevano posto negli ultimi dieci giorni e – hai intenzione di leggere il libro o di vedere il film dei fratelli Cohen? Allora ti consiglio di non proseguire nella lettura, spoilers da qui in poi – e, scrivevo, alcuni limiti mi soni parsi evidenti.
Il primo tempo è completamente fedele al romanzo, elemento non fondamentale ma che ovviamente ho apprezzato, e scorre con un ritmo gradevole mentre nella parte finale del secondo tempo, che a differenza di altri non ho trovato lento ma un poco slegato, accelerato, ho avvertito l’impressione che i Cohen e gli sceneggiatori abbiano ridimensionato vari elementi, non tutti di secondo piano, per limitare la durata del film a due ore circa.
Il ruolo, quasi un cameo, di Woody Harrelson nel romanzo sembra sartorialmente tagliato su di lui, il film non riesce invece a rendere in pieno la caratterizzazione del personaggio che risulta quasi solo come una figura di passaggio.
Impresa prevedibilmente complessa consisteva nel rendere con efficacia e forza il disagio di Tommy Lee Jones nei confronti di una società che vede mutare e sgretolare i suoi principi fondamentali e della quotidianità delle piccole cittadine del Texas, nelle quali il compito primario dello sceriffo era quello di proteggere la sua gente, spesso dalle cattive inclinazioni della stessa sua gente e non dalle gesta di un fantasma, l’argomento viene abbozzato ma non portato a sufficiente rilievo, riga rossa sottolineata due volte.
E la figura sfuggente di Bardem? Un killer che lascia una lunga scia di sangue e a cui nessuno o quasi riesce a dare un volto, quasi nessuno; i ragazzini che assistono all’incidente automobilistico nel romanzo vengono minacciati da Bardem e quando successivamente interrogati dallo sceriffo riferiscono una verità che amplifica la crescente inquietudine e inadeguatezza di quest’ ultimo: l’uomo, quell’uomo che uccide con un attrezzo da mattatoio, non solo non ha un nome ma neppure un tratto particolarmente distintivo, a parte un inguardabile taglio di capelli (ndA) è a tutti gli effetti un fantasma.
Peccato infine veniale è l’aver tralasciato una giovanissima autostoppista che viaggia con Josh Brolin per un paio di giorni e che con lui morirà al Sands Inn, non prima di averci regalato alcuni dialoghi a tratti spassosi e di averlo provocato sessualmente in più occasioni, i giornali ricameranno sulla presenza di una giovane con il texano giustiziato nel motel anche se i due dormivano in stanze separate.
Le ambientazioni sono perfette, la scelta degli attori indovinata, registicamente il film mi è sembrato decisamente buono e le due ore di proiezione sono trascorse senza lentezza ma il romanzo di McCarthy ha qualcosa in più del film dei fratelli Cohen, quindici minuti circa, forse meno, mancano alla narrazione cinematografica e il loro peso specifico risulta determinante a mio giudizio non tanto e non solo per fedeltà al romanzo quanto piuttosto per consentire una migliore comprensibilità del significato della pellicola.
Da leggere e vedere ma non lo considero un capolavoro, ora che ci penso però non esiste il Martinotti ma il Mereghetti, orbene sarete indulgenti.
Grazie per la vostra attenzione.

Good Night and Good Luck

4 comments:

Marco said...

Il "Martinotti"!
Suona benissimo! Io comprerei quello!
A volte l'aver letto il libro da cui è stato tratto il film è una sorte di limitazione. E' inevitabile il paragone quindi. Nel caso in cui il film sia stato totalmente reinterpretato può essere un vantaggio in alcuni casi. L'essere invece stati fedeli alla carta inesorabilmente ti fotte. Nella maggior parte dei casi, almeno.
Ma se lo pensassi come un film la cui storia non è tratta da un libro, come ti parrebbe?

Marco said...

"Sorta" e non "sorte".
Chiedo scusa.

Anonymous said...

k7xctku,xmuftyhn dffyuu bugggg innn grr arfffff prrrrrr sniffff

Unknown said...

A me parrebbe lacunoso....